Togliere presto il pannolino!

Togliere presto il pannolino!
Il Pannolino lavabile.

Non tutti sanno che è possibile limitare o addirittura togliere il pannolino ai sei mesi!
Cominciamo con il dire che il pannolino usa e getta andrebbe buttato definitivamente!!
A fronte dell’unico beneficio, risparmio di tempo, presenta un sacco di problemi.
In primis il costo:

alla fine dei 3 anni hai speso circa 600 / 1000  euro l’anno ( 1800 / 3000 tot.) contro circa 600/700 dei pannolini lavabili compresa luce acqua e detersivo per tre anni! https://www.nonsolociripa.it/  
Inoltre è da considerare che il kit di pannolini lavabili va in eredità al secondo figlio, cugini, nipoti!
Il secondo problema è la dermatite da pannolino:

il pannolino usa e getta è un involucro di plastica che non fa respirare la pelle del bimbo, una specie di sauna calda e umida terreno perfetto per la candida!
Inoltre contiene un gel assorbente che da l’illusione di avere un pannolino asciutto. Appunto, l’illusione!
L’urina del bimbo appena fatta contiene urea, una sostanza addirittura benefica per la pelle! Però i batteri normalmente presenti sulla cute, sono golosi di urea e se la mangiano producendo come scarto l’ ammoniaca, sostanza urticante!
Per cui, se lo cambiamo ad ogni pipi ( come succede con i lavabili perché lo sentiamo umido) va tutto bene, ma se lasciamo due tre pipi a “maturare” nel gel dell’usa e getta, gli facciamo un impacco caldo umido di ammoniaca per due tre ore! Quando lo cambiamo abbiamo un pannolino che pesa mezzo chilo, dimostrazione del fatto che contiene due tre pipì al minimo, e la pelle è macerata!
Ultimo e più grave problema causato dai pannolini usa e getta e la morte del pianeta!!
Ogni mamma e bambino che adopera l’usa e getta produce in tre anni una tonnellata di rifiuti non riciclabili e distrugge un albero in amazzonia!! Stiamo attenti a non usare i piatti di plastica che al massimo in tre anni faranno 5 kg di rifiuti oltretutto riciclabili e poi ne produciamo quintali solo per non fare la lavatrice?
Assurdo!!
Ma torniamo all’argomento principale della pagina.
Si può limitare il consumo di risorse oltre che appunto utilizzando i lavabili al posto degli usa e getta, togliendo il pannolino precocemente, anche ai sei mesi!!


Il metodo EC :

Consiste semplicemente, fin da subito, nel cercare di capire per mezzo dei normali segnali che da’ il neonato,  il momento in cui  sta per fare  cacca o pipì.
Non è solo un metodo per abituarlo a farla nel vasino, ma un metodo di allenamento per la mamma a comunicare con il proprio bimbo, recepirne le necessità e accudirlo al meglio!
Se ci sembra che stia per farla, togliamo  il pannolino prima che succeda e lo teniamo su una bacinella a gambe larghe. Con tua sorpresa la maggior parte delle volte la fa!
Visto che in genere questo avviene subito dopo il pasto, dopo ogni poppata andrebbe tolto il panno per permettergli di farla fuori.
Pian piano il piccolo si abituerà a liberarsi solo quando è spannolinato.

Si accorgerà che sta meglio se non la fa nel panno, comincerà a tenersela finchè non si sente libero da quell’involucro e non se la farà mai o quasi mai addosso!! 
E’ molto più facile abituarlo a sei mesi piuttosto che a 3 anni!!
A quel punto ha l’abitudine a farla nel pannolino e non riesce a farla senza!
Diventano stitici perché se la tengono finchè non gli rimettete il panno, e poi la fanno solo in piedi, perché non gli è stata mai data in precedenza occasione di farla accosciato!
Ma siamo strani !!!

Quella che segue è l’esperienza di una Mamma che è anche Pediatra:

 - Francesca Gasparini, pediatra, Monzuno (BO)

Quando all’inizio del 2002 nacque Arturo, il mio primo bimbo, non sapevo nulla della pratica denominata Elimination Communication (abbreviato in EC), però fin da allora istintivamente sentivo un profondo disagio al pensiero che i miei figli dovessero rimanere immersi nella propria cacca e nella propria pipì fintanto che qualcuno non si decidesse a cambiarli e a pulirli.
Ecco perché, non sfiorandomi neppure l’idea che si potesse tenere un bimbo di pochi giorni senza pannolino, cercavo più o meno consapevolmente una qualche soluzione che mi permettesse di evitare che si facessero la cacca addosso. Così quando Arturo cominciò a stare seduto da solo provai a metterlo sul vasino; e lui, incredibilmente, ci fece subito pipì e cacca!Cominciai semplicemente a cambiare il bimbo molto spesso durante la giornata e, ogni volta che lo cambiavo, lo mettevo sul vasino. Ogni volta c’era la pipì e talvolta anche la cacca.

Un libro importante…

Il medesimo percorso l’ho ripetuto con Giuliano. Proprio in quel periodo sono venuta a conoscenza dell’EC, e sono rimasta folgorata. Ho letto innanzitutto il libro di Laurie Boucke, Senza pannolino, l’unico pubblicato in Italia sull’argomento: l’autrice ha elaborato una versione adatta al mondo occidentale dei sistemi comunemente praticati dalle mamme indiane, cinesi e africane.

Quando ho scoperto l’EC mi sono chiesta se mi sarei risparmiata i patimenti della stitichezza di Arturo (che forse stitichezza non era, ma solo rifiuto o incapacità di fare la cacca nel pannolino: provate voi a farla stando dritti in piedi o stesi nel letto!), se dovevo cominciare subito a fargliela fare in una ciotolina, tenendolo appoggiato al mio avambraccio con le gambine rannicchiate al petto, come ho fatto poi con Anita, la terzogenita. Sì, perché con Anita ho cominciato a fare EC fin dal secondo giorno di vita e ora, a 5 anni e mezzo, mi sembra che l’EC sia stato un mezzo di comunicazione straordinario con lei, una scoperta continua e un apprendimento.

Non un metodo ma un modo di comunicare

Quando vado agli incontri sui pannolini di stoffa con i genitori in attesa di un figlio, la prima riflessione che condivido è che i bambini non hanno bisogno del pannolino, altrimenti nascerebbero pannolino-dotati. Di solito vedo tanti occhi sgranarsi. Ma poi, man mano che proseguo a spiegare, i volti si distendono e le espressioni diventano incuriosite. Alla fine dei lunghi incontri (in cui descrivo dettagliatamente tutte le tipologie di pannolini lavabili), la maggior parte delle domande riguarda proprio il “senza pannolino”.
Molto spesso l’EC viene associato in modo diretto all’uso del vasino: un altro modo di chiamare l’EC infatti è Infant potty training (allenamento infantile al vasino): insomma l’EC può sembrare un metodo per insegnare ai neonati a fare la cacca e la pipì nel vasino, che ricorda certi tentativi coercitivi che si facevano negli anni ’50 per costringere i bimbi dopo l’anno a non farsi più la cacca addosso, tenendoli ore seduti sul vasino e causando spesso problemi.
L’EC, nella sua declinazione più pura e autentica, non è un metodo e non è un allenamento. L’EC è qualcosa di più profondo e al tempo stesso più semplice: è il modo con cui la mamma (o chi accudisce il neonato) risponde alle sue necessità fisiologiche. È, appunto, comunicazione.
Quando si comincia a fare EC si scopre che i neonati sembrano avere consapevolezza delle proprie necessità fisiologiche: sentono quando la loro vescica è piena e, proprio perché è piena, la svuotano; non ci sarebbe infatti alcun motivo per sforzarsi di trattenere la pipì. Come sanno quando hanno fame o quando hanno sonno o quando hanno freddo, così sanno quando devono fare la pipì e la cacca.
Qualche anno fa in televisione mandavano una pubblicità che fotografava bene l’idea ingannevole che abbiamo dell’espletamento dei bisogni fisiologici di un neonato: si vedeva un papà che cercava di cambiare il pannolino al proprio bimbo, ma ogni qualvolta sollevava appena appena il lembo frontale del pannolino, dal pisellino del bimbo usciva un getto forte e continuo di pipì. Forse perché ormai abbiamo perso il contatto e l’abitudine a curare questi aspetti dell’accudimento, crediamo che i neonati producano getti continui e incontenibili di pipì e cacche e che queste possano essere gestite solo tenendo costantemente sigillate le loro parti basse.

Non sottovalutiamo i bambini!

Secondo la mia esperienza, invece, i neonati sembrano sapere cosa stanno per fare e sceglierebbero anche, se dessimo loro la possibilità di farlo, il luogo dove liberarsi. Se si impara ad ascoltarli e se non si impedisce loro di mandare dei segnali, anche i neonati comunicano. È incredibile, lo so; se me lo avessero detto prima dell’esperienza con Anita non ci avrei mai creduto. Se il bimbo ha fame, la mamma risponde prontamente tirando fuori il seno e sfamandolo; se ha freddo, la mamma risponde coprendolo; se ha sonno o è agitato, la mamma risponde cullandolo e abbracciandolo. Perché, invece, se il bimbo ha bisogno di fare la pipì e la cacca, la mamma non risponde permettendogli di liberarsi come ogni mamma-mammifero?

Il pannolino è un tappo, un tappo comodissimo che ci permette di non doverci occupare, se non minimamente, dei bisogni di evacuazione del bambino. Certo è una grande comodità, perché possiamo dimenticarci di questi bisogni per ore, tanto sappiamo che “quella roba” sarà raccolta lì. Ecco, appunto, il pannolino è una comodità per la mamma, ma non una necessità per il bambino: il bambino non ha bisogno del pannolino. Per le mamme africane, cinesi o indiane è normale occuparsi dei bisogni dei loro bimbi, permettendo loro di espletarli senza sporcarsi, riconoscendo i loro segnali e i loro tempi; e quando sentono dire che le mamme occidentali lasciano i loro figli a mollo nei loro escrementi rimangono scandalizzate (anche se l’arrivo della modernizzazione sta modificando anche la loro percezione e mentalità).
Mi è capitato di vedere neonati o bimbi piccoli fermarsi immobili e diventare rossi in viso, evidentemente intenti a fare la cacca, e sentire le loro mamme dire: «Bello tatone, micio, fai la caccona? Bravo! Dai che dopo ci cambiamo!». Ecco, le mamme spesso sanno quando i loro bambini stanno per fare la cacca: il bimbo lo sa, la mamma lo sa, perché allora non cogliere l’occasione per togliere il pannolino e liberarsi altrove? Così facendo si permetterebbe al bimbo di associare alla cacca un luogo diverso dal pannolino, di scoprire che la mamma se ne occupa e che la cacca non è una cosa da fare di nascosto e da tenere per sé.

Il controllo sfinterico

Vorrei tornare un attimo su questo tema del “controllo degli sfinteri”, tanto caro ai pediatri e agli psicologi infantili. Guardandolo dal punto di vista dell’EC, esso appare mal posto. Si dice che l’età per il raggiungimento del controllo degli sfinteri corrisponda a circa 24 mesi; si dice che forzare i bambini a fare a meno del pannolino prima di quell’età sia una violenza inutile; si dice che da quel momento in poi con delicatezza si può cominciare a togliere il pannolino. Eppure molti bambini fanno resistenza a questo passaggio; ce ne sono tanti che lo vivono come un trauma e lo rifiutano per anni, continuando a farsi cacca e pipì addosso.
Riflettiamo un attimo. Quando il bambino nasce gli mettiamo il pannolino e lo teniamo a farvi i suoi bisogni 24 ore al giorno tutti i giorni, per anni. Facendo ciò, noi chiudiamo qualsiasi comunicazione riguardo all’espletamento dei bisogni fisiologici, prima ancora che questa comunicazione si apra. Vi è in questo comportamento un duplice messaggio implicito. Il primo è che cacca e pipì non sono fatti di cui curarsi: basta il pannolino e tutto ciò che si deve fare è prenderlo e buttarlo nel bidone. Il secondo messaggio è che il luogo giusto in cui fare cacca e pipì è il pannolino.
Cosa succede quando il genitore toglie il pannolino al bambino? Lui non sa più cosa deve fare e perché, e se vogliamo fargli riacquisire consapevolezza dobbiamo, a questo punto sì, insegnargliela da capo attraverso un allenamento. In secondo luogo, il genitore, dopo aver detto e confermato implicitamente per anni che cacca e pipì si devono fare nel pannolino, improvvisamente gli dice che no, il luogo giusto non è più il pannolino, ma il vasino. Potrebbe essere questo il vero “trauma”: improvvisamente ciò che era giusto e buono diventa sbagliato e cattivo. Il pannolino poi abitua il bambino a tenere i propri bisogni con sé, è come collegato al suo corpo: un bambino che tiene il pannolino 24 ore al giorno per anni, non ha mai occasione di vedere i suoi escrementi, di vederli uscire da sé e scorrere lontano. Per tanti bambini vedere i propri escrementi, qualcosa che appartiene loro, cadere in un buco nero potrebbe essere spaventoso.

Nessuno è perfetto

Naturalmente mi è capitato spesso di perdere delle pipì con Anita, soprattutto nelle giornate frenetiche in cui eravamo nervosi perché gli altri bimbi ci facevano impazzire, o quando Anita era agitata o ammalata. Ma è davvero tanto importante qualche pipì persa? Avevo tante ghettine e pantaloncini corti che alternavo a seconda della temperatura, se si bagnavano li cambiavo come avrei cambiato il pannolino. Nessuna fatica in più. Dunque, provate a fare EC nei modi che vi saranno più consoni, perché fare EC non è qualcosa da extraterrestri ma è semplicemente questo: essere consapevoli.